Perché “nessun uomo è un isola”, e “non è bene che l’uomo sia solo”.
Perché la fede si vive in una comunità: At 2,42 “erano assidui all’insegnamento, alla comunione fraterna, alla frazione del pane, alla preghiera”, la fede è personale ma non individualistica.
Perché, in una società che tende all’individualismo è determinante sentire che siamo una comunità e è oggi più che mai doveroso camminare uniti valori condivisi, per non essere spazzati via e spezzati nei vincoli più cari e più sacri.
Per non perdersi in un “amore liquido”, reso fragile, ogni giorno, dalla solitudine e dallo stress.
Perché “dove due o più sono riuniti nel mio nome Io sono in mezzo a loro”, dice il Signore.
Per ritrovare, nella fede, la paternità di Dio, il suo amore vigile e fedele; trovare in Lui la stessa misura dell’amore e del dono che ci siamo promessi; per essere modellati e spinti dalla sua tenerezza e dal suo Spirito verso misure più alte.
Per non dimenticare ciò che ci siamo detti davanti a Dio nel giorno del matrimonio: “Io accolgo te, come mio sposo/sposa. Con la grazia di Cristo prometto esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, ed amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita”.
L’umano e il divino, la natura e la grazia camminano e si sostengono insieme.
Le dimensioni umane, corpo, cuore, spirito e anima, tutto, deve crescere, tutto deve essere alimentato, ed, ora, nel matrimonio, insieme, anche se il cammino è sempre personale.
(riflessione di P. Franco durante un incontro dei Gruppi)