Il Bar, le aule, il campo da calcio potrebbero essere definiti semplici spazi che fanno parte della struttura.
Ma è grazie a questi spazi che la struttura si trasforma in vita e comunità, perchè è qui che la comunità si ritrova, si racconta, si guarda diventando famiglia.
Ed è grazie a questi spazi che la comunità si apre al territorio creando una rete di rapporti che genera un flusso vitale che arricchisce tutti.
In questo modo traspare, direttamente o indirettamente un identità che ci qualifica e ci dona la gioia del nostro essere cristiani.
Una testimonianza
Da quest’anno insieme a un’amica abbiamo iniziato a dedicare del tempo al bar dell’oratorio su invito di altre mamme che vi partecipavano. Il motivo per cui abbiamo aderito è sicuramente un insieme di fattori: la risposta a una necessità oggettiva dei turni vacanti che si univa al nostro carattere aperto ad aiutare ed interessarci agli altri, al fatto che i nostri figli nel frattempo erano in oratorio, insieme a una gratitudine per le persone e al luogo dove i nostri ragazzi trascorrono molto tempo nelle varie attività (catechismo, polisportiva, oratorio, etc.) Il dedicare il tempo in “compagnia” rende quel tempo sicuramente lieto, divertente, piacevole, ma ci siamo accorte nel tempo che il nostro dedicare momenti era niente rispetto a quello che ci tornava indietro. Infatti, quando non siamo riuscite a dare, ci sentivamo diminuite, nasceva un dispiacere, come se in fondo non avessimo risposto più a una nostra esigenza che al bisogno dei turni. Ciò che in questa esperienza di volontariato rimane addosso, è che condividere per noi significa mettere in comune se stessi, condividere sé con gli altri, quando siamo lì che distribuiamo caramelle, bibite o asciughiamo i piatti, essere presenti a ciò che accade per come ci è richiesto anche attraverso l’ascolto, la ripresa o un sorriso, fa nascere un’attenzione e una preoccupazione ai particolari che gli espositori siano pieni, i tavoli puliti, il caffè buono, etc. tutto il più possibile in ordine… non è una ricerca di perfezione ma veramente una gratitudine che si manifesta in una cura. Non siamo delle bariste perfette, anzi, ma il tempo del bar è diventato un momento di ripresa, di incontro con chi è diverso da noi sia per età che temperamento, in cui non usciamo mai uguali a come siamo entrate, ci sentiamo un po’ più in famiglia, un po’ più connesse con noi stesse, un po’ più partecipi a qualcosa di più grande.
Tratto dalla Lettera alla Comunità del 5 ottobre 2025